martedì 19 febbraio 2013

Claudia Fellus Pirani

Il mio nome è Claudia Fellus Pirani e sono candidata alle elezioni regionali del Lazio nella Lista Civica per Zingaretti. La mia è una storia differente, perché, come sa chi mi conosce, la storia della mia vita è differente.
Sono nata a Tripoli il 22 Gennaio del 1959, e al seguito della mia famiglia (il papà, la mamma e le due sorelle minori) siamo rocambolescamente fuggiti dalla Libia raggiungendo fortunosamente l’Italia, il 10 giugno 1967, nel bel mezzo del pogrom scatenato dagli arabi in occasione della Guerra dei Sei Giorni e della chiusura del Canale di Suez. Noi, come gran parte della minoranza ebraica, fummo aggrediti di sorpresa non solo da turbe inferocite di ignoti, ma, molte volte da parte di vicini di casa o di lavoro coi quali eravamo vissuti fino al giorno prima in confidenza se non in amicizia. Così sbarcammo a Roma, vestiti con gli abiti estivi e le maniche corte e nulla in mano. Ci venne a prendere la sorella di mio padre che viveva nella Capitale con cui avevamo passato tanti mesi di vacanze durante l’estate. Ci portò a casa sua, a piazza Vittorio, dove fummo sistemati in cinque nella stessa stanza di un appartamento disadorno. Quel giorno ricominciò la mia vita, con una nuova memoria, accompagnata però dalla percezione perenne che quando incombe il pericolo l’unica salvezza sta nella fuga . Vennero gli anni dell’adolescenza, le nuove scuole, nuovi compagni e amici, il ginnasio, il liceo, l’università, i corsi di studio all’estero. Nonostante le diversità, la scuola tende a integrare, generando un sostrato unico fatto di tante differenze. Degli anni del liceo, all’Avogadro, porto un ricordo bello, fatto di impegno e di azione. Quello dei ’70 fu, infatti, il decennio del confronto ideologico, delle lotte alle differenze di genere, con l’affermazione dei movimenti femminili. Poi l’impegno professionale in Italia e all’estero: ho visitato, lavorandoci, ospedali americani, israeliani, sono stata a Berlino, Londra e Minneapolis. Infine, una volta tornata a Roma, conobbi Mario Pirani. Un uomo differente per età, cultura, estrazione, punto di vista. Due anni più tardi divenne il mio compagno e, dopo ancora, mio marito, a certificare che due universi differenti tendono ad attrarsi, pur mantenendo, e a volte difendendo, la propria diversità. Questa, in breve è la mia storia, una storia differente. Quando nei giorni di festa vado alla sinagoga, seguo il mio rito liturgico, e aspiro il profumo di un mondo scomparso, sento gratitudine per la testardaggine di una generazione che non ha accettato di veder scomparire la propria cultura e le proprie tradizioni, con i suoi filoni un po’ ebraici, un po’ libici e ormai in gran parte anche italiani.
Il mio trentennale percorso nel mondo della sanità inizia nel ’78, quando mi iscrissi all’Università Sapienza di Roma, alla Scuola Superiore per Tecnici di Cardio Angio Chirurgia, per diplomarmi due anni dopo. Nel ’79 decisi però di partire per uno stage alla Tel Aviv University (Ospedale Tel Hashomer, reparto di Cardiologia e cardiochirurgia). Ci restai fino al 1982, anno in cui scoppiò la guerra tra Israele e Libano: dopo aver lavorato per un periodo come volontaria nell’ospedale che accoglieva i feriti, accettai come un segno del destino l’invito di un professore americano e mi trasferii negli Stati Uniti, in Minnesota, per un corso di specializzazione alla St. Paul University (Ospedale di Minneapolis). Fui poi invitata (1983) all’Università di Berlino per un corso teorico-pratico su “Ventricoli di assistenza meccanica e cuore artificiale”: un’esperienza straordinaria con uno dei pionieri europei del cuore artificiale, Emil Sebastian Bücherl.
Nell’84 fui chiamata dall’Hesperia Hospital di Modena come responsabile del servizio di assistenza meccanica, circolazione extracorporea e ultrafiltrazione. L’idea di tornare in Italia, dove era rimasta la mia famiglia, mi piaceva molto. In pochi anni, il mio sentirmi differente era stato messo a confronto con persone, luoghi, culture e comportamenti a loro volta molto diversi. Tutto – dolore compreso – aveva contribuito a rafforzare la mia identità e l’Italia tornò ad apparirmi come nel 1967 il punto certo. Proprio per queste ragioni, l’offerta di tornare alla Sapienza, nell’86, mi suonò come una sorta di approdo definitivo, dopo quella mia personale odissea. Vinsi un concorso pubblico universitario come operatore tecnico occupandomi del tirocinio degli studenti della Scuola Speciale per tecnici di cardiochirurgia dell’Università. Nello stesso periodo, organizzavo il servizio di circolazione extracorporea per le case di cura Villa Bianca. Come consulente della Terumo, una multinazionale giapponese, organizzai dei corsi teorico-pratici presso tutti i grandi ospedali italiani e le università, sul tema “Ossigenazione a membrana”. Nel ’94, a seguito di un grave incidente che mi costrinse a estenuanti pellegrinaggi in ospedali di tutta Europa, mi dimisi dal Policlinico Umberto I. Decisi perciò di impegnarmi sui temi che avevo approfondito e che amavo. Nel 1994 fui eletta consigliere della Comunità Ebraica di Roma e, nei primi quattro anni, ebbi il ruolo di vicepresidente e assessore alla vigilanza degli enti. Mi occupai in particolare del recupero dell’Ospedale Israelitico, allora commissariato. Organizzai spettacoli teatrali, conferenze, seminari, dibattiti e attività di fund raising per una associazione impegnata sui temi della pace in Medio Oriente: far crescere l’informazione e, ancora di più, la consapevolezza intorno ad ambiti problematici tanto presenti sul piano mediatico quanto non conosciuti su quello dei contenuti, era ed è per me un dovere morale.
Nel 2002 ho avviato una collaborazione, con Codice Cultura per l’organizzazione di eventi culturali come le Giornate dei Diritti Umani, evento che si è tenuto a Mantova nel 2003. Dal 2003 al 2005, ho collaborato con la Sigma Tau come responsabile del progetto “Malattie rare”, coordinando i rapporti con le associazioni dei pazienti e con gli altri organismi internazionali. Dal 2005 al 2009, ho avuto un contratto a tempo determinato con l’ASL Roma D e ho potuto dare vita a diversi progetti, legati tutti alla condizione della differenza. Il primo fu quello di accoglienza al Pronto Soccorso dell’Ospedale Grassi, integrando competenze diverse (psicologi, assistenti sociali e mediatori culturali) con quelle mediche e paramediche tradizionali. A questo ne seguirono altri, incentrati sulla relazione e l’assistenza agli stranieri: dalla mediazione culturale alla costruzione della “Casa della Salute della Donna e del Bambino”; dalla costituzione di “Osservatori per la tutela dei diritti e lo sviluppo della partecipazione”, che operano in ambito distrettuale, alla creazione di un Tavolo permanente con il Tribunale dei diritti del Malato. Sono diventata poi la responsabile del progetto Audit Civico, promosso dalla Regione Lazio in collaborazione con “Cittadinanza Attiva” e ho programmato e organizzato le conferenze dei servizi. Dal 2009 al 2011, con l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani”, ho collaborato ad un progetto incentrato sulla ricerca attiva della tubercolosi nei migranti, finanziato con fondi europei e alimentato da contributi provenienti da diverse ONG che operano nel territorio col mondo delle migrazioni. I risultati di questo lavoro stanno per essere pubblicati in una rivista internazionale e sono comunque stati presentati in Congressi nazionali ed internazionali. Il mio ultimo incarico, in termini di tempo, è all’Istituto dei Tumori di Roma (il Regina Elena presso gli IFO), dove mi occupo di accoglienza dei pazienti e umanizzazione dei servizi. E ora desidero occuparmi della nostra Regione.
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