martedì 3 giugno 2014

Elezioni Europee: più la legge elettorale è inclusiva, più le donne vincono

di Giulia Rodano

E’ interessante la lettura dei voti di preferenza espressi in questa tornata elettorale; soprattutto per le donne.
Non a caso Francesca Izzo ha commentato il risultato della competizione tra i candidati rilevando con soddisfazione che finalmente le donne hanno cominciato a votare le donne e che tutto ora potrebbe, dal punto di vista della presenza e della rappresentanza femminile, diventare possibile.
Se guardiamo i dati, in effetti, emerge una vera e propria rivoluzione, un dato forse non del tutto inatteso, ma certo mai verificatosi prima.
Delle 12.637.537 preferenze espresse in tutte le liste e su tutti e tutte i candidati e candidate, oltre 4,8 milioni sono andate alle donne: quasi il 40% (il 38,67% per la precisione), più del doppio delle precedenti elezioni europee del 2009.
Le elette sono oggi 29 su 73 parlamentari che rappresentano l’Italia a Bruxelles. 
Le deputate europee sono dunque quasi il 40% (39,7%). Ben più numerose che nel 2009.

Non solo, ma, a parte la pessima performance della Lega e del Nuovo Centro Destra, che non eleggono nessuna donna (fatte salve future opzioni di Salvini), la percentuale di genere più bassa, quella di Forza Italia, raggiunge, sul totale degli eletti di quel partito, la ragguardevole percentuale di quasi il 31%, mentre il PD si attesta a oltre il 45%, il movimento 5Stelle quasi al 53% e la Lista Tsipras ha per ora eletto due donne su tre.
Siamo di fronte a un risultato straordinario. È difficile non essere contente. La presenza delle donne sembrerebbe diventare finalmente normale.
Eppure non c’erano in queste elezioni, nessuna quota riservata, nessuna lista bloccata, e nemmeno il meccanismo della doppia preferenza.
A cosa si deve dunque un simile risultato? Al combinato disposto di due fattori, diversi ma convergenti, propri di una democrazia compiuta e libera.
Da una parte la legge elettorale europea obbliga le liste a una composizione rispettosa della presenza di entrambi i sessi e gli elettori alla preferenza di genere qualora vogliano esprimere 3 opzioni e votare più di 2 candidati. Riconosce dunque la presenza dei due generi nell’elettorato e la necessità di promuoverne una rappresentanza sessuata.
Dall’altra alcune tra le forze politiche e i movimenti che hanno partecipato alla competizione elettorale hanno promosso le donne, le hanno candidate, le hanno rese visibili.
Dunque, le donne non hanno bisogno della lista bloccata, né di soglie di sbarramento o premi di maggioranza. Anzi, la competizione europea dimostra che più larga è la possibilità di concorrere con regole eque, più forte è la loro possibilità di emergere. Chissà, se non ci fosse stata l’iniqua e inutile soglia di sbarramento, forse le donne sarebbero state anche più numerose.
Le donne non hanno avuto bisogno della benevolenza del principe che le collocasse in posizione utile per essere elette. Messe in condizione di competere, hanno vinto.
Quando si dovrà discutere della legge elettorale nazionale, dovremo tenere a mente l’esperienza di queste elezioni. Non abbiamo bisogno di quote e zone protette da marchingegni antidemocratici come le liste bloccate. Non abbiamo bisogno di accettare soglie di sbarramento sproporzionate e premi di maggioranza che distorcono la volontà degli elettori, per mantenere le quote riservate dentro le liste bloccate. Possiamo spendere tutta la forza unitaria delle donne per chiedere e ottenere una legge elettorale che estenda la partecipazione e il potere di scelta dei cittadini e affermi le regole della rappresentanza di genere, dalla doppia preferenza, alle presenze sui media. Possiamo cioè fare delle donne, quello che le donne possono essere: un elemento fondamentale di crescita della democrazia.

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